giovedì 21 giugno 2018

L'Alveare che dice... perché no?

Negli anni, qua in Via delle Cose Nuove, abbiamo sperimentato diversi modelli di acquisto alimentare alternativi al classico Supermercato, guidati dalla ricerca di una maggiore stagionalità dei prodotti e dal criterio del Km0 (diciamo tendente allo 0, a parte l'orto di casa). 
Si va dalle botteghe di paese alla partecipazione al GAS di Reggello – un paese qua vicino –, fino alla creazione di un GAS con alcuni nostri amici (lo stanzino esterno di casa nostra, più meno sempre aperto, fungeva da magazzino con conseguente via vai di gente... rimarrà negli annali).
Tuttavia queste buone pratiche, eticissime e lodevoli, dopo un po' si arenavano, vuoi per il troppo impegno richiesto per star dietro a ordini, pagamenti e ritiri, vuoi per le pause estive da cui spesso non ci si riprende, vuoi per la scarsa partecipazione sul lungo periodo, vuoi per i prezzi alti e i tempi di attesa lunghi (questo vale soprattutto per le botteghe di paese, alla lunga snervanti)
Finalmente, da un po' di mesi, pare che abbiamo finalmente trovato la soluzione ideale, che coniuga gli ideali etici della produzione locale e stagionale con un'estrema praticità nella gestione degli ordini e dei ritiri, grazie all'apporto del web.
Si tratta dell'Alveare che dice sì! 


Il modello nasce in Francia un po' di anni fa, ma si è diffuso a macchia d'olio (extra-vergine, si intende) in tutta Europa, Italia compresa. E da poco meno di un anno pure il Valdarno vanta il suo Alveare, grazie all'Associazione TerraFranca di Castelfranco Piandiscò! (il nostro glorioso comune)
Il principio è piuttosto semplice: c'è una piattaforma web centrale a cui può aderire chiunque voglia fare da gestore di un Alveare locale. Questa persona si occupa di contattare/trovare:
- le aziende del territorio (secondo alcuni criteri di ecosostenibilità ecc, ma non molto stringenti, anzi piuttosto liberal, tranne il fatto di dover risiedere a meno di 250km dalla sede dell'Alveare), proponendo di aderire al progetto e cercando sempre più di allargare l'offerta.
- una rete di potenziali consumatori residenti nel territorio, soprattutto via web, proponendo di aderire al progetto e stimolandoli nel tempo a contribuire.
- una sede dell'Alveare, che può essere il negozio di uno dei produttori, un fondo del gestore ecc..., dove poter allestire una volta a settimana il "mercato" dei prodotti.

Dalla parte del consumatore funziona così: si aderisce dalla piattaforma web a uno o più Alveari del proprio territorio; ogni settimana si apre l'ordine online, e resta aperto per 5 giorni; se si vuole comprare qualcosa, si va sulla pagina del proprio Alveare, si scorrono i prodotti, si comparano i prezzi, si ottengono informazioni sulle aziende, si riempie il proprio carrello virtuale, e si paga infine con carta di credito... il tutto mooolto user-friendly; si riceve una mail con il riepilogo e un codice relativo all'ordine, di solito un semplice numero; due giorni dopo la chiusura dell'ordine, si va ad un orario stabilito (per il Valdarno dalle 18.30 alle 20) alla sede dell'Alveare e si ritira comodamente il proprio ordine.
Questa fase finale è in realtà la più carina: ogni produttore ha già pronto un sacchetto (o una cassetta) con il numero d'ordine relativo ad ogni consumatore, e sta ad un tavolo come fossimo ad un mercato. Ma non è un mercato, perché manca una delle componenti che maggiormente mina la possibilità di instaurare relazioni aperte e dirette con i produttori, ovvero lo scambio di denaro: questa parte un po' fastidiosa, infatti, è già avvenuta, e al momento del ritiro ci si può concentrare sullo scambiare quattro chiacchiere, e perché no sul gustare qualche assaggino di nuovi prodotti! 


Per quanto riguarda il produttore, che sceglie il prezzo di ogni prodotto, l'adesione all'Alveare comporta la riduzione del 20% di guadagno sul prezzo stabilito: infatti, il 10% va alla piattaforma web dell'Alveare, e l'altro 10% al gestore. Quindi il produttore guadagna l'80% sul costo del prodotto. A conti fatti, non è malissimo.
Certo, questo significa che il consumatore spenderà più che al Supermercato. Ma ne guadagnerà in freschezza dei prodotti, trasparenza nella produzione, stagionalità, bontà, conoscenze nuove, scambi interpersonali arricchenti, e pure quel dolce retrogusto di aver fatto qualcosa di etico e alternativo, che non guasta!

P.S. Ci sono diverse voci critiche sull'Alveare, che farebbe del business aziendale centralizzato sulle "spalle" dei produttori locali... ma secondo noi fare del business in sé non è affatto una colpa, e non è fatto sulle spalle di nessuno, bensì "dando una mano" a quei piccoli produttori che rischiano di essere mangiati dal modello globale del consumo alimentare.

P.P.S. Sia ben chiaro: nessuno ci ha pagato per fare pubblicità all'Alveare!! Con i pochi lettori che abbiamo sarebbe perfino assurdo (e questi vogliono fare business, ve l'abbiamo detto!). Semplicemente, ci stiamo trovando bene, e vogliamo diffondere le cose che ci sembrano ben fatte.




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