giovedì 28 luglio 2016

Invasione!



Un martedì sera torno tranquillamente a casa dopo essere stata a cena fuori con amiche che non vedevo da tempo. La giornata è stata afosa ma la sera è fresca e silenziosa, prima di rientrare annaffio l'orto e i vasi, seguendo diligente le istruzioni che mi ha lasciato Damiano, via per un convegno a Roma ancora per qualche giorno. Poi entro in casa, metto le ciabatte, appoggio la borsa, vado in cucina a prendere un bicchiere d'acqua, accendo la luce…
Qui se fosse un film inserirei una musica da sorpresa orribile, stile Dario Argento.
Non c'era un pazzo armato d'ascia ad aspettarmi seduto al tavolo, ma l'acquaio e il piano cucina brulicavano di blatte. Brulicavano: finalmente ho compreso il reale, disgustoso significato del termine. Significa che ce ne erano molte, e che al mio urlo disumano hanno cominciato a muoversi come impazzite. In genere gli insetti non mi impressionano particolarmente (mentre non sopporto lombrichi e lumache), però vederne così tanti sul mio immacolato piano cucina mi ha quasi paralizzata. Poi, in un impeto di ribellione mi sono sfilata entrambe le ciabatte ed ho cominciato a menare fendenti assassini urlando come un'assatanata. Delle blatte uscite allo scoperto se ne sono salvate in poche, riuscendo, infide, a rinfilarsi nello scarico da cui erano venute, o sotto il battiscopa. Io ho continuato a urlettare per altri venti minuti circa, sola nella cucina piena di blatte morte. Poi ho chiamato due volte di seguito Damiano chiedendomi infuriata perché diamine non rispondesse al primo squillo alle due di notte. Quando finalmente si è svegliato abbiamo cominciato una conversazione  di questo tenore: 
Io: CI SONO LE BLATTE IN CUCINA, FAI QUALCOSA! 
Lui: Come? 
Io: NON MI HAI SENTITO? CI SONO LE BLATTE! MILIONI DI BLATTE! 
Lui: Calmati... 
Io: AAAAAAAAAH! CAMMINAVANO SUL NOSTRO PIANO TUTTE LE NOTTI E NOI NON LO SAPEVAMO! 
Lui: Dile… 
Io:…CI ABBIAMO CUCINATO, APPOGGIATO LE COSE, MI VIENE DA VOMITARE, SE PENSO CHE… AAAAAAAAAAAAH! 
Lui: Dile... 
Io: DOVE SEI QUANDO MI SERVI? CHE CAVOLO CI FAI A ROMA? A CHE MI SERVE UN MARITO SE NON E' QUI QUANDO CI SONO LE BLATTE E DEVO FARE LA NINJA DEGLI INSETTI DA SOLA?  RISOLVI IMMEDIATAMENTE IL PROBLEMA! 
Lui: Dile, sono a Roma e sono le due di notte! 
Io: QUESTI SONO AFFARI TUOI! LA PARITA' FRA I SESSI SI FERMA DI FRONTE ALLE BLATTE! QUELLE SONO UN TUO SPECIFICO DOVERE!!
Potrei continuare per un bel po', ad ogni modo alla fine è riuscito a convincermi ad andare a dormire e mi ha preso così sul serio che la mattina dopo aveva già contattato due ditte di disinfestazione prima che io emergessi dal coma in cui ero sprofondata verso l'alba. Ovviamente le maledette non si vedevano alla luce del sole. Avrei potuto convincermi di aver sognato tutto se i cadaveri tristemente sparsi delle mie vittime della notte precedente non fossero stati ancora spiaccicati ovunque. Così ho aspettato.
Poi, subito dopo pranzo, è arrivata la Squadra.
Guardateli, mentre camminano al rallentatore in soccorso di una giovane donna sola ed indifesa sulla strada assolata, trasportando la loro attrezzatura.
Li chiamerò i Quattro dell'Apocalisse.
Il Primo dell'Apocalisse è un gioviale signore di mezza età con la gamba ingessata e le stampelle, che sembra un pensionato aggregato per caso alla compagnia. Il suo ruolo principale, scoprirò presto, è dispensare saggi consigli ai suoi colleghi e a me. Lo chiameremo la Gamba, per ovvi motivi.
Il Secondo dell'Apocalisse, detto anche il Braccio, è quello che esegue gli ordini. Non pronuncia parola ma porta attrezzi, svita bulloni, apre confezioni di quella che spero sia una sostanza mortifera in grado di sterminare tutti gli insetti del pianeta, oppure rimane contro il muro con le braccia lungo i fianchi in attesa di ordini.
Il Terzo dell'apocalisse è il boss, il capo, la Mente. E' anche il portavoce, scelto con oculatezza: non si può dire che abbia uno specifico difetto di pronuncia, ma ne assomma tre o quattro assieme, tanto che capisco la metà di quello che dice e assentisco sperando di non aver appena accettato che la casa venga purificata col lanciafiamme. Ad ogni modo, ha spodestato Gamba, indebolito per via dell'infermità e della vecchiaia ed adesso detiene con fierezza il ruolo di Signore delle Blatte.
Il Quarto dell'Apocalisse è la Mascotte appena reclutata, un ragazzo tondo, ricciuto e su di giri che potrebbe avere sì e no vent'anni ed appare entusiasta della carriera che si è scelto (se sapeste quanto è costato l'intervento, probabilmente capireste il perché). Ad ogni modo la Mascotte ama il suo lavoro, ama aprire il pozzo nero per sversarci l'Anti-qualsiasi-forma-di-vita, ama maneggiare sostanze irritanti e soprattutto ama le blatte morte. Principalmente chiacchiera con me come se fossimo vecchi amici, oppure, se cerco di sfuggirgli, sento la sua voce che esclama "Accidenti, questa era davvero grossa!" oppure "Lo sa che per ogni blatta che si vede ce ne sono dieci che non si vedono? " oppure "Loro viaggiano nelle fogne, sa… hanno i loro speciali sottomarini… ci siamo capiti?" oppure, valutando la meravigliosa credenza antica intagliata di mia nonna, che è più o meno il mobile più bello che abbiamo in casa, con occhio esperto: "Un po' vecchiotta, questa, eh?"
Prima agiscono sul pozzetto delle acque chiare e quello delle acque scure. Poi, per sicurezza, vagolano per la casa con le scarpe sporche e l'attrezzatura a tracolla come in Ghostbusters, spruzzando ovunque una sostanza misteriosa, che effettivamente, come mi hanno garantito, non lascia tracce sui muri ma in compenso rende l'aria irrespirabile, fa bruciare gli occhi e danneggia il cotto ("E' meglio se mi viene dietro e asciuga le goccioline", mi biascica la Mente, ed io, più depressa che mai, obbedisco).
Alla fine se ne vanno, giulivi, lasciandosi alle spalle una Casina oppressa da gas puteolenti e sporca oltre ogni dire. Qua e là, in cucina, blatte uscite allo scoperto agonizzano muovendo debolmente le zampette. Fa un caldo opprimente ed io abbandono questo scenario di morte e desolazione che un tempo era casa mia, chiudendo bene tutto per creare l'effetto camera a gas, e me ne vado in piscina a nuotare furiosamente per oltre un'ora, cercando di dimenticare i miei affanni. Rientro a casa il tempo di fare un fagotto da profuga e spalancare tutte le finestre in modo da rendere nuovamente l'ambiente abitabile per gli esseri umani, poi me ne vado a lagnarmi e dormire dai miei genitori.
Il giorno dopo, di prima mattina (beh, più o meno) sono tornata. Durante la notte il vento ha soffiato, la temperatura è calata di almeno dieci gradi e questo semplifica notevolmente il lavoro da ditta delle pulizie che mi aspetta. Ovviamente mi concentro sulla cucina, presa da uno zelo purificatore: non ci sono solo le blatte morte che mi preoccupano, ma anche l'esposizione di tutto ciò che usiamo per cucinare e mangiare a prodotti che ammazzano insetti sull'istante, quindi, ne deduco, non propriamente salubri. Mi ci vogliono sei ore per pulire tutte le superfici, lavare ogni singolo piatto, pentolino, vassoio, pezzo di stoviglia contenuto nella cucina, mandando a più riprese la lavastoviglie, staccare il battiscopa e pulirlo con la sistola in giardino (un giorno in cui vorrete davvero disgustarvi, alzate il battiscopa del vostro piano cucina: è sempre una grande scoperta quello che si trova dietro), sfoderare il divano e i cuscini, spolverare, spazzare e infine pulire il pavimento variamente istoriato dalle gore bianche del prodotto spray. Poi passo alle altre stanze della casa, caricando la lavatrice di lenzuoli, asciugamani, accappatoi, buttando gli spazzolini da denti e i rotoli di carta igienica incominciati, mentre l'aspirapolvere ulula e tutti i pavimenti vengono cenciati.
Obnubilata dalla stanchezza, a sera recupero Damiano alla stazione, di ritorno da Roma, e la campagna militare contro le blatte si conclude mangiando pizza da asporto direttamente nel cartone.
Abbiamo vinto?
Lo spero, o credo che la prossima volta opterò per un più comodo e semplice trasloco.

lunedì 18 luglio 2016

LibRidine


 

Ho scoperto che esiste una sorta di gergo editoriale che definisce "lettori forti"  persone che leggono 10 o più libri ogni dodici mesi. Ho quindi appreso di essere una lettrice "forte", anzi, probabilmente fortissima, dal momento che, escludendo quello che leggo per studio o per lavoro, mi attesto sulla cinquantina di libri letti per piacere o interesse personale ogni anno (ma so di gente che viaggia tranquillamente sul centinaio, quindi in effetti c'è di peggio). Lettore forte somiglia  a "forte bevitore", non trovate? Ed in effetti penso che a molti sia capitato almeno una volta di provare la… libRidine, la sensazione più o meno marcata che in questo momento potrebbe scoppiare la terza guerra mondiale, la tua famiglia potrebbe convertirsi in blocco al pastafarianesimo, la rete fognaria potrebbe venir deviata dal Comune nel tuo prato e tutte le tue unghie potrebbero incarnirsi… tutto ok, basta che ti lascino leggere in pace. O il brivido di piacere che corre su per la schiena quando si ha in mano un libro a lungo atteso o cercato. O, talvolta (soprattutto se fuori il tempo è brutto e gli impegni pressano), la struggente impressione che la vita sarebbe molto migliore se potesse consistere esclusivamente in una lunga teoria di letture, preferibilmente a letto, nutrendosi di tè e biscotti. O il piacere perverso (anche la libridine ha le sue perversioni) che si prova singhiozzando sconsolati su qualche passaggio particolarmente commovente o desolante, magari un bel Dickens che, in piena forma, sta facendo morire qualche suo personaggio tenero e indifeso, tipo il piccolo Paul Dombey (ops, spoiler, ma è bene saperlo: i bambini malaticci, in Dickens, tendenzialmente durano poco). O l'irrefrenabile istinto a possedere un determinato libro. Anche se lo si è già letto e riletto, anche se la libreria comincia ad avere seri problemi di spazio, ci sono libri che si devono avere. Soprattutto in quella nuova bellissima edizione speciale limitata commentata illustrata rilegata blasonata. O l'insensata tentazione di non scendere alla nostra stazione dal treno perché preferiremmo finire il capitolo. O il prendere in considerazione la possibilità di non scendere affatto, continuare fino a Foligno e finire direttamente il libro.

Ma scendiamo sul pratico. Quali sono le quotidiane avventure coniugali di una lettrice forte? Ebbene, nel mio caso il marito è un finto lettore forte, una sorta di impostore. Ora, non fraintendetemi. Damiano consuma una gran quantità annua di libri. Ma non legge davvero: studia, con la matita in mano e l'odiosa tentazione di fare, nella pagina bianca in fondo, elenchi di numeri di pagina circolettati per rimandi che potrebbero essere utili o interessanti in qualche articolo o approfondimento. Va da sé che legge quasi esclusivamente saggi. Divora la saggistica come patatine.
Ed è spaventosamente lento nella lettura "personale". Butta via il tempo libero in mille altri modi, è una persona irritantemente socievole, partecipa alla vita della comunità locale, ricopre incarichi di responsabilità in due o tre realtà diverse, suona in tre distinti gruppi musicali, va in palestra e a correre, cura l'orto e sta all'aperto, insomma si fa distrarre da una quantità di futili cose quando potrebbe stare a casa appollaiato su una sedia o seduto sul pavimento della cucina a leggere, mantenendo una raffinata aria malsana e pallida e la consistenza muscolare di un'ostrica, come faccio io. Gioventù sprecata!
Poiché due sposi dovrebbero condividere tutto, io sono sempre molto felice di esporgli dettagliati resoconti di qualsiasi cosa stia leggendo, conditi di esortazioni ad abbeverarsi lui stesso alla fonte di cotanto appagamento culturale. Ma se riesco a fargli iniziare effettivamente un libro che ho già letto e amato, in realtà sperimento presto la dolorosa agonia di vederlo avanzare lentissimamente, distrarsi in continuazione, e finisco per assillarlo con "dove sei arrivato? Come va? Ti piace? Ti è piaciuto quando…?"
Talvolta albeggia nella mia mente il dubbio che forse sono leggermente insopportabile, giusto un tantino. Ma, ahimè, che volete farci? La pena di non poter condividere col mio diletto sposo le emozioni della libridine non mi dà tregua.
A forza di arrovellarmi, mi rendo conto che la soluzione l'avevo già scovata anni fa, quando eravamo ancora fidanzati, in effetti. Lettura condivisa ad alta voce. Lui sembra prestarsi volentieri. E il ritmo posso dettarlo io. Resta da capire se quando leggo mi ascolta...