lunedì 19 gennaio 2015

Composti e puliti!


Fin da quando abitiamo insieme, la nostra moderna coscienza ecologista – e la nostra tendenza a complicarci la vita – ci hanno suggerito di riusare gli scarti vegetali per produrre l’eco-dado in polvere (un giorno ve ne parleremo). Tutto andava a meraviglia, le nostre minestrine profumavano di giustizia ambientale, e ci sentivamo soddisfatti come se avessimo salvato il pianeta da un’imminente disastro apocalittico..
Ma poi, un giorno, è arrivata lei, la mia grassissima amante di plastica: si chiama Compostiera.
Quando l’ho vista, non ho resistito: ho voluto subito che un esemplare di siffatta bellezza e utilità troneggiasse nel nostro giardino. Così, baldanzoso, ho fatto richiesta al comune. Mi sembrava che la compostiera condensasse in sé numerosi privilegi, e nessun effetto collaterale: avremmo avuto uno sconto sulla tassa della nettezza, avremmo potuto buttare direttamente gli scarti vegetali senza accumularli in casa (quindi senza cattivi odori in cucina), e avremmo avuto il concime per l’orto gratis. La natura alimentava se stessa. Era una poesia.
Cosa potevo chiedere di più? Dile era un po’ scettica – forse anche gelosa – ma piano piano si è arresa al mio entusiasmo travolgente. Compostiera sia. 

È allora che sono iniziati i problemi: prima di tutto, la Compostiera non arrivava mai. Finché al comune non fossero giunte un numero minimo di richieste, non avrebbe fatto domanda alla cooperativa incaricata. E dalla domanda ufficiale alla consegna effettiva sarebbe passato altro tempo. Interminabili mesi tra me e la mia amatissima. 
Non potevo certo resistere. 
Ho così agito all’italiana, smuovendo conoscenze e attaccandomi insistentemente alla cornetta, reclamando il mio “diritto ad avere la Compostiera, perché a quelli del comune fa comodo che i cittadini non ce l’abbiano, così guadagnano di più dalla tassa sulla nettezza”. Sporco capitalismo, pulitissimi rifiuti compostabili.

Quando poi finalmente Lei è arrivata, si è presentato il secondo problema: ho scoperto che non mangia di tutto, anzi è piuttosto viziata, e vegetariana. Bisogna stare attenti a non buttarci troppi rifiuti acidi (ad esempio le bucce di agrumi), e soprattutto non bisogna buttarci nessun rifiuto animale, perché sarebbe causa di cattivi odori e attacchi famelici di cani e gatti.
Beh, mi sono detto, è normale, stupido io a non averci pensato! Non bisogna abbattersi, anzi la soluzione è semplice: basta gettare i rifiuti animali in un sacchetto a parte, che sarà raccolto nel giorno apposito.
Solo che ne consumiamo pochissimi, e dopo la seconda volta in cui ci siamo scordati di mettere fuori della porta il sacchetto con ossa di carne e pelle di pesce….. beh lo ammetto, è finito tutto nel sacco dell’indifferenziato. E da quel giorno non abbiamo più smesso di fare così, salvo rarissime eccezioni!

Va bene, continuavo a ripetermi, abbiamo ceduto da una parte, ma dall’altra abbiamo guadagnato: paghiamo meno tasse, e abbiamo il concime gratis. Riguardo le tasse, sappiate che lo sconto è di circa 10 euro ALL’ANNO. Riguardo il concime, ancora non è pronto, dopo un anno e mezzo che compostiamo i rifiuti. Vedremo la prossima primavera.

In più si sono aggiunti due problemi: il primo è che la cooperativa che fornisce le compostiere viene periodicamente ad accertarsi che i cittadini ne facciano buon uso, altrimenti le tolgono. Noi abbiamo appena risicato la sufficienza, perché a loro dire i nostri rifiuti sono poco umidi.
Il secondo è che Dile non si avvicina alla compostiera perché ha un terrore irrazionale di vermi e lumache, per cui c’è una zona del giardino che per lei è off-limits (…e tocca sempre a me andare a buttare l’organico!!). 

Così, questo è il risultato: mia moglie mi rinfaccia la scelta, e guarda alla sua rivale in amore con distacco e timore…  e la Compostiera, dal canto suo, soffre di secchezza.

Non ci si capisce niente con queste donne.




domenica 11 gennaio 2015

In-Saponiamoci!



Tra tutti e due abbiamo una bella compagine di parenti, amici e conoscenti di cui è giusto e bello ricordarsi al momento dei regali di Natale. Fatti due conti, abbiamo scelto presto la strada del fai da te. In Via delle Cose Nuove, infatti, voglia di sperimentare e creatività sono quasi illimitate, mentre altri tipi di risorse… no.
Così, dopo  aver affrontato in passato la produzione a livelli industriali di biscotti e cioccolatini, quest'anno abbiamo deciso di provare qualcosa di più sofisticato sulla via dell'autoproduzione, e di saponificare in casa. L'obiettivo era arrivare ad avere tante belle saponette 100% handmade, fatte in casa partendo da zero, con ingredienti naturali e con una procedura sufficientemente semplice da essere alla portata di due principianti assoluti.
Parte quindi la caccia all'informazione online (c'è un fascinoso e complesso mondo di gente che saponifica in casa autoproducendosi ogni singolo prodotto detergente che usa, dalla saponetta al detersivo per i panni al disincrostante per il calcare: tutto da scoprire, e non crediate che sia composto esclusivamente da allegri fricchettoni) e agli strumenti adeguati. Per produrre un sapone terra terra, diciamo senza alcuna pretesa, da inesperti totali, sono sufficienti tre ingredienti alla portata di tutti: olio d'oliva, acqua distillata (quella per il ferro da stiro) e soda caustica. 


Poi ci vuole tutto un armamentario di utensili vasto ma reperibile in casa (eccezion fatta per il termometro per alimenti, che non essendo cultori dell'haute cuisine abbiamo dovuto acquistare) e per finire strumenti di protezione visto che si maneggia una sostanza corrosiva e si provocano un paio di reazioni chimiche. 
La millantata potenziale pericolosità di queste procedure ovviamente ci aveva eccitato molto, quindi, quando ci siamo messi all'opera, una sera di dicembre nella nostra cucina, abbiamo indossato occhialoni da sci, mascherine antismog, grembiuli e guanti di plastica con la solennità di due scienziati a lavoro in un laboratorio a rischio di contaminazione e probabilmente con l'intima convinzione di sembrarlo davvero (le foto, purtroppo, smentiscono).  



Abbiamo versato a cucchiaiate la soda nell'acqua con grandi aspettative, ma tutto quello che è successo è che la temperatura è rapidamente salita a causa della reazione chimica, arrivando verso i 70° per poi cominciare lentamente a scendere. Niente degno di nota nemmeno nel successivo, cauto travaso della soluzione caustica ottenuta nell'olio. Frulliamo il tutto ottenendo una bella crema pasticciera di aspetto gustoso, aggiungiamo un po' di lavanda per non sembrare degli assoluti inesperti e coliamo il tutto negli stampi approntati per l'occasione: due contenitori in tetrapack riciclati, a cui avevamo tolto la parte superiore.
Il sapone è stato a nanna nei suoi stampi, ben avvolto da una coperta, per un paio di giorni, poi abbiamo sformato le mattonelle ottenute e le abbiamo tagliate in tante belle saponette d'aspetto molto rustico, che hanno subito un processo di impacchettamento degno di una bottega artigianale, con tanto di etichetta, disegno e avvertenze (il sapone fatto così deve stagionare almeno un paio di mesi, ma non avevamo avuto l'intelligenza di prepararlo in tempo perché arrivasse al Natale pronto all'uso, per cui invece di un "consumare entro", le persone che lo hanno ricevuto in regalo si sono ritrovate con un "non consumare prima di"). 
Ci siamo divertiti davvero, il nostro lavoro è stato apprezzato, e considerata la semplicità del processo consigliamo a tutti di mettersi alla prova. 
Con la ricetta che vi passiamo qui sotto si può ottenere un sapone veramente semplice e naturale al 100%. E saponificazione sia!


Ecco l'occorrente e gli ingredienti.
Per lavorare: 
-un termometro per alimenti
-bilancia elettronica
-una caraffa di vetro resistente al calore (a imboccatura larga)
-un contenitore di plastica
-un mestolo
-un cucchiaio di plastica
-una pentola di acciaio
-un frullatore a immersione
-stampi: in tetrapack, in silicone per dolci o ghiaccioli, scatole rivestite di carta forno etc…
-una vecchia coperta
-pellicola trasparente
Per proteggersi (ironia a parte è importante, la soda può essere molto pericolosa): 
-occhiali
-mascherina
-guanti
-grembiule
-carta di giornale per il piano di lavoro
Per il sapone: 
-1kg d'olio di oliva
-128 g di soda caustica
-300 g di acqua distillata


 Ecco come fare.
1. Proteggere se stessi e il piano di lavoro.
2. Pesare con la massima precisione tutti gli ingredienti: l'olio direttamente nella pentola, l'acqua distillata direttamente nella brocca, la soda caustica nel contenitore di plastica.
3. Mettere la brocca che contiene l'acqua dentro il lavello per limitare i danni in caso di incidenti e versare con estrema attenzione, a cucchiaiate, la soda dentro l'acqua, mescolando poi per scioglierla completamente. Attenzione, la temperatura sale molto velocemente. Lasciarla poi raffreddare.
4. Mettere a scaldare sul fornello la pentola con l'olio. Controllare col termometro la temperatura portandolo a 45° (ci vorrà poco) e spengere.
5. Aspettare che la soluzione caustica si sia raffreddata fino a raggiungere a sua volta i 45°. Quando i liquidi sono alla stessa temperatura versare con molta cautela la soda disciolta nell'acqua nella pentola dell'olio (mai fare l'inverso, attenzione!).
6. Mescolare con un mestolo, poi con il frullatore a immersione, fino a che la miscela non raggiungerà la consistenza di una crema soffice, che cade "a nastro".
7. Versare negli stampi, coprire la superficie con la pellicola se c'è bisogno e riporre gli stampi pieni avvolti in una coperta per conservare il calore durante il processo di saponificazione. Si può sformare e tagliare a piacere il sapone dopo due giorni, e usarlo aspettando come minimo un paio di mesi.