lunedì 19 maggio 2014

Asciugare i panni in forno

Mi sveglio tardi, Dile non c'è e io devo partire per un campo scout. Già l'inizio sembra un thriller.
Accendo il forno, per cuocere la schiacciata impastata la sera prima con la pasta madre e lasciata lievitare tutta la notte.
Finisco in fretta di fare lo zaino, mi tolgo il pigiama e comincio a mettermi l'uniforme: pantaloni, calzettoni blu e....e....... dov'è la camicia???
In preda al panico scendo le scale, rovescio la cesta della biancheria sporca, sposto mutande, scosto canottiere, ma niente. Non c'è.
Vado in salotto, e finalmente eccola: penzola bagnata dallo stendipanni! Era stata lavata la sera prima.
Ho trenta minuti di tempo e devo ancora fare un cartellone: come fare?? In dieci secondi vaglio le possibilità: in paese c'è un'asciugatrice automatica, ma ci mette tanto, e poi uscire di casa adesso non se ne parla, c'è la schiacciata che sta cuocendo (ancora la mia mente non si era soffermata a fondo su questo particolare); accendere l'asciugacapelli al massimo? è complicato, devo stare lì fermo a tenere la camicia, e poi chissà che non salti la corrente, con il forno acceso..... già, il forno acceso.
A questo punto mi volto a guardare il forno, con la sua luce accesa all'interno, e come di rimando una lampadina si accende nel mio cervello: ma certo!! Il forno!!
Aspetto 5 minuti (nel mentre inizio a fare il cartellone), tolgo la schiacciata (ok, 20 minuti di cottura sono pochi, ma me li faccio bastare, qui c'è in gioco l'onore), piego la camicia e la inserisco speranzoso nel forno a 200 gradi. Dopo 7 minuti la giro dall'altra parte – nel frattempo il cartellone è quasi finito –, attendo altri 7 minuti (fine cartellone, accensione ferro da stiro) e infine la estraggo. Verdetto: ASCIUTTA!! Assaporo un minuto di piena e virile felicità.
Dopodiché la stiro in fretta e furia, la indosso, respiro a fondo e parto, colmo d'orgoglio, per il mio campo!


Certo, rispetto a cucinare in lavastoviglie questa è una tecnica da utilizzare solo in caso d'emergenza. Però, in caso d'emergenza, funziona!! Testata in Via delle Cose Nuove!

lunedì 12 maggio 2014

Giardino di primavera


 
Un giorno ci siamo svegliati e il noce aveva messo le foglie nuove. Prima c'erano stati segnali, certo. Era spuntata una margherita, per esempio (e visto che lo scorso anno avevamo sparso semi di pratoline bastevoli, a stare a quanto scritto sulla confezione, per circa trecento ettari, siamo mediamente soddisfatti). La nostra siepe lentissima a crescere aveva messo cimette verdi sulla sommità di tutte le piantine (il che ha comportato un innalzamento di ben tre centimetri: ora sì che abbiamo un po' di privacy). Quello stecco del fico improvvisamente si era ornato di foglie penzolanti come orecchie. L'erba stessa, sotto la spinta della pioggia e del tempo più mite, aveva subito un'accelerazione inquietante: il prato era passato in una settimana da steppa a giungla - una giungla borghese, diciamo alta al ginocchio, ma pur sempre un rigoglio impressionante. La serretta di plastica che proteggeva il limone è stata completamente appannata di condensa per oltre una settimana, poi mi ha sfiorato l'idea di andare ad aprirla ed ho scoperto che là dentro la temperatura era prossima ai cinquanta gradi, e che avevamo salvato il limone dall'inverno solo per rischiare di farlo morire per l'arsura. Il kiwi, temerario, aveva messo foglie precocissime, ed un abbassamento improvviso della temperatura le aveva puntualmente fatte morire. Ero convinta che fosse la volta buona, che il kiwi stesso fosse morto, invece è improvvisamente risorto con nuove foglie. E poi dicono che sono delicati. Il nostro deve aver capito con che razza di gente ha a che fare.

Insomma, tutti i segnali andavano in quella direzione. Damiano ha raccolto gli ultimi frutti invernali dell'orto: qualche cavolfiore, porri larghi un dito. Ha zappato e concimato e riseminato per l'estate: pomodori, zucchini, piselli. Vedremo come andrà quest'anno.  Abbiamo posizionato un vialetto di pietre attraverso il prato fino all'acquaio, e l'erba ci cresce già in mezzo. Ma ancora mancava qualcosa, una nota più risoluta nel paesaggio, un cambiamento che non fosse un'evoluzione, ma una metamorfosi improvvisa. Qualcosa che ci facesse dire: "Ah, ecco!".



Poi, un giorno, il noce ha messo le foglie e abbiamo capito che la primavera era arrivata sul serio. Il noce è l'unico albero degno di questo nome che abbiamo, soprattutto l'unico in grado di fare ombra, e quando i suoi rami si sono riempiti di verde è stato subito facilissimo dare finalmente uno sguardo d'insieme e vedere che le margherite sul prato erano ormai ben cinque, che l'ortensia sta per fiorire, che persino l'azalea che mi ha regalato Chiara per il compleanno non è morta, malgrado la sua prima settimana in casa nostra sia stata privata di ogni cura -io ero via e Damiano… beh, cosa pretendete, non era mica una piantina di pomodoro!- … e poi, limone, arancio e mandarino, ordinatamente disposti nei loro vasi, fioriscono e spargono il loro profumo, e ai piedi del noce ci sono fragole ancora verdi e casuali denti di leone, e poi la menta, il basilico, il rosmarino, tutto che profuma, che cresce, che improvvisamente torna alla vita, come se non fosse mai andato via. Tutto così ammiccante, così lieto. Mi dice: "cosa c'è, non ci credevi?". E io, che forse non ci credevo davvero, leggo un libro nel mio giardino di primavera, tutta contenta di essermi sbagliata.

(Dile)

mercoledì 7 maggio 2014

Ah, l'indipendenza!



Le sei di sera e giro la chiave nella toppa per entrare in casa. Sono reduce da un San Giorgio - un campo scout primaverile durato tre giorni, in cui ha piovuto tre giorni su tre. Non veri e propri acquazzoni, che costringono a rinunciare alle attività e a rintanarsi in tenda, ma piuttosto pioggerelline ricorrenti, deboli e umidicce, alternate a momenti di tregua o addirittura di sole, che quindi spingono ad agire, con l'impermeabile perennemente addosso e le scarpe bagnate dall'erba alta.

Dunque, dopo tre umidi giorni e due umide notti, dopo pastasciutte cucinate dai ragazzi su fuochi fumosi ottenuti lottando con la legna bagnata, e a rischio salmonellosi (l'uovo della carbonara era pericolosamente vicino alla soglia della crudezza), dopo aver accompagnato a casa qualcuno, dopo aver contribuito a scaricare il furgone contenente tende da squadriglia, casse di attrezzi, vanghe, taniche e molto altro materiale assortito, sono arrivata a casa.

Vorrei che mia madre mi preparasse un tè bollente e prendesse in consegna l'intero contenuto umido e/o fangoso dello zaino, vorrei che mio padre cucinasse polpette per cena, ma -una cosa nuova non tra le migliori di Via delle Cose Nuove - questo non è più previsto, e il bello è che neanche l'amorevole coniuge stasera si prenderà cura di me. Perché, manco a dirlo, è a sua volta ad un campo scout.

Dunque non mi resta che liberarmi dello zaino, che aperto rigurgita il suo contenuto alla rinfusa sul pavimento dell'ingresso, e ficcarmi sotto la doccia rimandando a tempo indeterminato qualsiasi cura del materiale sparso desolatamente a terra (progettare lavaggi in lavatrice, arieggiare il sacco a pelo e togliere la fanghiglia dalle suole degli scarponi non sembrano al momento compiti particolarmente allettanti).

Dopo la doccia considererò se può valere la pena di scavalcare i detriti nell'ingresso e trascinarmi in cucina in pigiama per sbattere in forno una pizza surgelata (tutta vita!). Potrei, in alternativa, ficcarmi direttamente a letto a guardare La Bella e la Bestia.

Non c'è nessuno che si occupi di me?!

(Dile)