domenica 21 giugno 2015

Bere gli animali - ovvero filosofia, pratica e storia dell'Alchermes

Seguire una ricetta è un'operazione culturale. Soprattutto in Italia. Sarebbe un metodo da importare nelle scuole: ci si confronta con la storia, con la lingua, con la biologia, con i problemi dell'attualità. Vi racconto la mia esperienza in proposito. Tutto è iniziato quando, sfogliando il fondamentale "Libro della vera cucina toscana" di Petroni, io e Dile ci siamo imbattuti nella ricetta tradizionale dell'Alchermes. La scrivo subito, così coloro che sono arrivati in questo post perché cercavano la ricetta saranno presto accontentati (dopo però continuate a leggere, daiiiii).

ingredienti per circa 2 litri di Alchermes
- Alcol puro gr. 600
- Zucchero gr. 600
- Acqua di rose gr. 100
- Cocciniglia gr. 10
- Cannella gr. 10
- Coriandolo gr. 10
- Macis gr. 3
- 2 chiodi di garofano
- Anice stellato
- 10 granelli di cardamomo
- 1 Scorza d'arancia
- Mezza stecca di vaniglia

Tagliate a pezzetti la vaniglia e pestate nel mortaio tutte le restanti spezie. Mettete il tutto in un vaso di vetro con coperchio o in un bottiglione, quindi versate l'alcol e 300 grammi d'acqua. Tappate e lasciate in infusione per circa 2 settimane, scuotendo un paio di volte al giorno. Sciogliete a freddo lo zucchero in mezzo litro d'acqua e aggiungetelo agli altri ingredienti. Agitate bene e tenete in infusione ancora per una settimana. Passato questo tempo filtrate il liquore con un filtro di carta (io ho usato una garza) e infine aggiungete l'acqua di rose.

Detta così sembrerebbe quasi facile. Ma non appena decideste di cimentarvi nell'impresa, vi scontrereste con un problema: dove trovare, oggi, il macis (che è l'involucro della noce moscata), e il cardamomo, e l'anice stellato? Ma soprattutto, cosa diavolo è la cocciniglia??? 
Così comincia la nostra avventura culturale. 
(Intervallerò lo scritto con le foto della produzione del mio Alchermes, così forse vi annoiate meno!)

l'essenza dell'Alchermes

Bene, la cocciniglia è l'involucro essiccato di un insetto, il Kermes Vermilio, un parassita che si può trovare anche in alcune nostre piante, ma che oggi viene per lo più allevato in Messico, giacché prolifera nei fichi d'India e nelle piante grasse. È conosciuto e utilizzato sin dall'antichità come colorante naturale, soprattutto per i tessuti: in persiano e in sanscrito i termini "qirmizi" e "krmi-ja" significano sia il nome dell'insetto che il nome del colore, da cui il nostro "cremisi" (in inglese "crimson"). Addirittura, il termine latino medievale Kermes Vermilio, che è ancora oggi il nome scientifico dell'insetto, ha dato origine sia al termine Cremisi che a quello di un altro colore, il "Vermiglio": quindi Cremisi e Vermiglio, almeno in origine, designavano lo stesso colore, quello ottenuto dalla macerazione della cocciniglia!! (questo lo dico da daltonico contro tutti coloro che pensano che i due colori siano diversi: sono uguali, e anzi, se facessimo un'indagine approfondita, sono sicuro che scopriremmo che anche "rosso" e "verde" in origine erano la stessa cosa!!! ;)

tutti gli ingredienti sul tavolo da lavoro!


Ecco spiegato perché il nostro liquore si chiama Al-Kermes. Significa semplicemente "Il Cremisi". La radice "Al" indica la chiara provenienza araba del termine, come "Al-chimia", "Al-gebra", "Al-goritmo", e tra l'altro, "Al-col". Infatti, il nostro alcolico è arrivato in Italia attraverso la Spagna, importato dagli arabi probabilmente nell'VIII secolo. Poiché i musulmani (ufficialmente) non bevono alcolici, è possibile che il distillato fosse usato per lo più per scopi medicinali: questa sua origine si è forse mantenuta in Sicilia, dove l'Alchermes arrivò indipendentemente e direttamente dagli arabi nel X secolo, veniva tradotto con "Archemisi", e veniva usato per placare gli attacchi d'ansia dei bambini (i cosiddetti "vermi della paura", trattati con i "vermi" dell'Alchermes secondo un metodo che oggi definiremmo "omeopatico";)
Ma allora perché Petroni lo inserisce nel manuale della "vera" cucina toscana??
La risposta è che in effetti il successo globale dell'Alchermes è dovuto alla sua produzione fiorentina: a Firenze, a partire dal XIII secolo, prima le suore di Santa Maria de'Servi, e poi i frati domenicani di Santa Maria Novella, ne fecero il liquore più apprezzato dai Medici, che lo servivano ai loro invitati col pomposo nome di "Elisir di Lunga Vita" (o più prosaicamente "Rosolio"). Quando nel 1533 Caterina de'Medici, figlia di Lorenzo il Magnifico, sposò Enrico II re di Francia, esportò l'Alchermes Oltralpe, dove ancora oggi è conosciuto come Liqueur de Medici (e nel mondo globalizzato come "Liqueur of the Medici").

...a morte!

Ma arriviamo ai nostri giorni. Dove possiamo reperire gli ingredienti per il nostro Elisir di Lunga Vita? Se per cardamomo, macis, anice stellato e simili è bastato andare in un'Erboristeria qualunque, per la cocciniglia è stato molto più difficile. Oggi infatti essa è stata sostituita con coloranti chimici, e nessuno quasi più la usa. Ma io ormai avevo una missione! Così sono andato nella patria dell'Alchermes, la bellissima e turisticissima farmacia di Santa Maria Novella: qui mi hanno detto che "sì, noi la cocciniglia la usiamo ancora nei nostri laboratori per produrre l'Alchermes, ma non la vendiamo al pubblico. Perché invece non compra direttamente il nostro buonissimo Alchermes??" No grazie, troppo facile e poco stimolante. "Per caso mi sapete indicare un posto a Firenze dove potrei trovare la cocciniglia?" "Mah, non saprei proprio, non ce l'ha più nessuno...". (Ma allora voi dove diamine la trovate??) Finalmente, proprio mentre stavo per desistere, arriva una voce dal retro bottega: "l'unico che può avercela è Bizzarri, in via della Condotta". Perfetto: ho un nome e un nuovo obiettivo! Arrivato in via della Condotta, proprio accanto a quel Palazzo della Signoria dove una volta vivevano i Medici, scopro uno dei pochi angoli di Firenze rimasti immuni alla marea omologante del mercato globale: la piccola e storica erboristeria Bizzarri. Varcando la soglia mi è sembrato di fare un passo non in avanti, ma indietro nel tempo: profumi, arredamenti e prodotti davvero "bizzarri" di epoche passate; e il negoziante che, sapute le mie intenzioni, estrae un volume polveroso da sotto il bancone, lo apre, e mi mostra orgoglioso una ricetta manoscritta dell'Alchermes, risalente a chissà quando, dichiarando: "L'abbiamo data noi questa ricetta al Petroni" (in effetti è uguale). Solo il prezzo della cocciniglia mi ha riportato alla scottante attualità!! 
Ma ormai ero a un passo dalla mèta e niente mi avrebbe fermato: avevo finalmente tutto il necessario, e potevo mettermi al lavoro!

...al macero!

Purtroppo ancora non siamo nell'era del web 5.0, quando potremo trasmettere gli odori e i sapori, per cui dovete fidarvi soltanto del colore delle ultime foto. Ma vi assicuro che l'Alchermes fatto in questo modo non ha niente a che vedere con i bottiglioni chimici che trovate nei supermercati. E poi, se non altro, è stata un'esperienza umanamente molto ricca! Anche dal punto di vista filosofico e di critica culturale, c'è un paradosso interessante sull'Alchermes: per fare l'Alchermes biologico, infatti, bisogna uccidere un animale. L'equivalenza banale tra l'animalismo e la cultura "bio" viene in questo caso smentita dall'esperienza: e, tra le due tendenze, io scelgo sicuramente la seconda. Ma se volete possiamo discuterne.... magari davanti a un bicchierino di Elisir di Lunga Vita!


giorno 1...
... giorno 21!




1 commento:

  1. Dopo tutta questa descrizione dobiamo proprio venire ad assaggiarlo! Ben e Mo

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