"Il Natale, per noi,
nel Cristianesimo è diventato una cosa, in un certo senso, semplicissima. Ma,
come tutte le verità della tradizione cristiana, esso è, in un altro senso, una
cosa assai complessa. La sua unica nota è che esso tocca simultaneamente molte
note: umiltà, gaiezza, gratitudine, paura mistica e anche attesa drammatica. E'
non soltanto un'occasione per i pacifisti come per i gaudenti; è non solo una
conferenza pacifista o una festa invernale scandinava. C'è in esso anche una
sfida; qualche cosa che fa suonare bruscamente le campane a mezzanotte come i
cannoni di una battaglia appena vinta. Tutta questa indescrivibile atmosfera
natalizia pende in aria come una fragranza non ancora svanita dell'esultante
esplosione di duemila anni fa in quell'ora unica sui colli della Giudea. Ma il
sapore è nettamente riconoscibile; è qualche cosa di troppo sottile o di troppo
solitario per essere reso da quel che intendiamo con la parola
"pace". La gioia della grotta era simile all'allegria di una
fortezza o di una tana di briganti; intesa nel suo vero significato, non
sarebbe impertinente dire che era l'allegria di una trincea. (…)
Questo è forse il
più grande dei misteri della grotta. E' evidente che, sebbene agli uomini sia
stato detto di cercare l'inferno sotto la terra, in questo caso era il cielo
che stava sotto la terra. In questa strana storia c'è come l'erompere del
cielo. Questo è il paradosso della situazione: d'ora innanzi le idee più alte
non potranno agire che dal basso."
(G. K. Chesterton, L'Uomo Eterno)
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