Ogni tanto, la
nostra natura umana ci spinge a imbarcarci in grandi imprese. Imprese, lo
sappiamo, molto superiori alle nostre forze, ma che ci portano a tirar fuori
risorse insospettabili. E' il desiderio dell'ignoto, il fascino dello sfidare
se stessi, il gusto di raggiungere traguardi che pochi hanno potuto vantare.
E' stato così che,
alla vigilia di Pasqua, quest'anno, ho improvvidamente e improvvisamente deciso
di cimentarmi nella preparazione di una colomba
pasquale, da esibire e servire ai parenti in occasione della festa.
Perché, andiamo, comprarla al supermercato siamo buoni tutti. Ma qualcuno ha
mai provato a farla? Eh? Eh?
Così, cerco una
ricetta su internet e devo ridimensionare immediatamente i miei progetti. A
quanto sembra, la colomba vera e propria è un dolce che deve attraversare
qualcosa come quattordici fasi di lievitazione o giù di lì e si prepara in non
meno di due-tre giorni di paziente sbattimento, mentre io ho avuto l'idea di
questa gloriosa sfida alle mie possibilità culinarie alle due di pomeriggio del
Sabato Santo. Ma non è mai troppo tardi, perché un noto sito di ricette propone
molto opportunamente una versione adatta a chi non ha tempo da perdere, una colomba
"veloce" che si può ottimisticamente sperare di realizzare in
sole quattro lievitazioni e complessive diciassette ore di tempo, il che,
considerando che ho a disposizione anche la mattina del giorno di Pasqua rende
l'impresa possibile. E poi posso sempre dormire, nutrirmi e andare a fare la
pipì nei tempi morti, rifletto. In preda a un delirio megalomane decido che,
anzi, di colombe ne farò due, una per i miei e una per i suoceri. Si tratta
solo di raddoppiare le dosi e suddividerle in due stampi. Bazzecole.
Prima cosa, vado al
supermercato. Sì, il sabato pomeriggio della vigilia di Pasqua. L'incursione
risulta una sorta di ordalia purificatrice, una specie di attraversamento della
Geenna, tra schiere di invasati dell'acquisto all'ultimo minuto (beh, come me).
Passo tra le merci scaraventate nei carrelli, sgomitando per superare il muro
umano formato dalla coda al banco gastronomia e rosticceria (una signora sta
urlando che per carità le tengano da parte uno degli arrosti, la fila, come il
coro di una tragedia greca, le risponde con collettiva indignazione: signora,
siamo tutti qui per questo!). Guardo con disprezzo le colombe infiocchettate
che vengono saccheggiate dagli scaffali: troppo facile, se sapeste cosa mi
propongo di fare io… Purtroppo qualche effetto del mio essermi mossa tardi lo
subisco: la granella di zucchero per la guarnizione non si trova da nessuna
parte. Riesco a recuperare gli stampi appositi da colomba, però, e poi uova
(visto che prevedo di usare tutta la fornitura settimanale del GAS), farina
forte, arance, mandorle e nocciole e vari altri ingredienti. Pur effettuando
ogni acquisto di volata non riesco a emergere dal vischioso bagno di folla
intenta al consumo sfrenato prima di un'ora intera, anche perché è necessario
muoversi con cautela per non investire bambini impegnati in mostruosi capricci
per ottenere l'uovo dei Bakugan ("Ce l'ho già quello dei
Transformers!").
Una volta a casa,
l'esperimento ha inizio. Damiano, con lungimiranza, tira fuori dallo stanzino
una vecchia planetaria che io ho sempre rifiutato di usare per i miei dolci,
che fosse per me impasterei sempre a mano. "Tanto non la uso",
annuncio sprezzante. Dopo venti minuti, la planetaria sta lavorando a pieno
regime e io mi chiedo con una certa impazienza per quale ragione non esista un
livello velocità 6 per l'impasto ma la levetta arrivi solo fino a 5. Durante le
lievitazioni, doso gli ingredienti che serviranno per lo stadio successivo e
cerco di ripulire, ma ben presto la cucina si trasforma in un campo di
battaglia. Senza contare che questo sistema effettivamente ottimizza i tempi,
ma di andare in bagno o mangiare non se ne parla. Perdo una cosa tipo quaranta
minuti per grattugiare la buccia delle arance e dei limoni, compulsando
internet alla ricerca di un metodo per non far incastrare l'80% dei trucioli
negli interstizi tra i fori della grattugia (per la cronaca, esiste ed è anche
un ottimo metodo: stendere un pezzo di carta da forno sopra la grattugia e
usarla così: rimane tutto sulla carta e si può poi agevolmente rovesciare da
parte). Damiano a un certo punto è praticamente costretto a buttarmi fuori
dalla cucina per cominciare a preparare una pizza veloce per noi e due nostri
amici. Capisco, guardandomi allo specchio del bagno, che devo ritenere il suo
intervento come un messaggio della provvidenza e rinuncio a impostare la
preparazione del trito di mandorle per la glassa, rimandandolo a tempo
indeterminato per farmi una doccia e non terrificare i presenti come l'Invasata
della Cucina.
Dopo la cena, sbatto
nel forno ancora tiepido per la pizza l'impasto alla sua terza lievitazione,
che dovrebbe durare dodici ore, e ce ne andiamo tutti alla Messa della notte. E
per un bel po' di tempo, l'attenzione è giustamente rivolta al Protagonista.
La mattina dopo, la
sveglia suona, ma è come se parlasse e dicesse: "glassa!glassa!glassa!glassa!"
Obbedisco.
Compiaciuta constato che il composto è lievitato fino a raggiungere dimensioni
quasi inquietanti. Aggiungo l'uvetta, do un'ultima impastata a mano, compongo
le due colombe nei rispettivi stampi e poi preparo una meravigliosa glassa a
base di albumi, zucchero di canna e trito di mandorle e nocciole, che viene
stesa sulla superficie delle mie due bambine. Ancora una lievitazione,
l'ultima, mentre facciamo colazione.
Poi la cottura in forno: e intanto mi
arrovello sul problema che mi assilla da quando ho letto la ricetta la prima
volta. Dice, una volta estratta la colomba dal forno, di farla raffreddare
rovesciata, altrimenti potrebbe collassare al centro. Si possono usare appositi
sostegni in polistirolo, dice, e come no. I famosi Sostegni in Polistirolo per
far raffreddare le colombe pasquali, chiunque ne ha in ogni cassetto della
cucina. Sbircio nei commenti alla ricetta alla ricerca di soluzioni, e con mio
orrore crescente mi imbatto piuttosto in desolati "A me non è venuta
bene" "Ma siamo sicuri che debba lievitare così tanto?"
"L'uvetta mi fa schifo, non c'è una ricetta senza uvetta?" "Mi
si è sgonfiata" "La crosta si rompe subito" e via dicendo.
L'ansia sale, e quando estraggo le colombe, che sono magnifiche, gonfie e bruno
dorate, ho praticamente il terrore di vederle sgonfiarsi come un palloncino
bucato. Cerco maldestramente di piazzarle appoggiate a qualche pentola
rovesciata quando un pezzo di crosta si stacca. Le urla isteriche richiamano
Damiano che decreta che il Signore non
permetterà che la colomba si sgonfi dopo tanta fatica, e che in ogni
caso è ora di andare perché i miei ci aspettano a pranzo da mia zia. Si rivela
profetico perché non si è sgonfiata né
la colomba portata via ancora calda avvolta nell'alluminio, né quella lasciata
a casa in attesa della cena dai suoi il giorno dopo. Erano buone. Entrambe.
Morbide, con la crosta croccante.
Ma se mi chiedete se
consiglio di farlo anche a voi, beh...
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