Quest’anno non ho fatto il
consueto post sull’orto estivo, perché, lo confesso, è venuto male.
Non il
post, proprio l’orto!
Non so perché, non è che abbia
fatto molto di diverso dagli scorsi anni, ma sono venuti pochi pomodori, poche
zucchine, pochi peperoni…. in compenso molti cetrioli, ma i cetrioli non sono
trendy, e sono pure troppo acquosi. C’è stato un momento di grandioso successo
in cui il mandorlo ha finalmente restituito un bel po’ di dolci frutti dopo
anni, ma per il resto è stato un fallimento. (Dile non ha infierito, da brava
moglie che si accorge della frustrazione del marito che si crede un
agricoltore).
Tuttavia, mi son detto che la
mancanza di un post sui frutti di agosto poteva essere un’opportunità per farne
uno su quelli di settembre!
Settembre è un mese strano, un
mese-soglia: qualcosa finisce (l’estate, le vacanze, le giornate lunghe) e
qualcosa ricomincia (l’anno scolastico, le attività delle varie associazioni, la
quotidianità in generale). E per l’uomo è così perché egli ricalca i ritmi
della natura: anche per le piante questo periodo è di passaggio. Dopo il
risveglio primaverile e l’abbondanza succosa dell’estate, la stagione lascia il
passo lentamente a colori più tenui, sapori più complessi, tempi più lunghi…. fino
alla nostalgia autunnale e al riposo dell’inverno.
I frutti di settembre sono come le
persone mature che si avviano alla vecchiaia: hanno una vita ricca dietro di
sé, e non si lasciano conoscere facilmente, ma se si ha pazienza e costanza se
ne scopre il valore, la dolcezza e l’unicità.
Prendiamo ad esempio quello che
nasce qua in via delle Cose Nuove: melograni, noci, semi di finocchietto. Sono
cose che già di per sé non sanno di gioventù: hanno qualche ruga (le noci),
qualche spina (il melograno), devono essere lasciati seccare (il finocchietto);
necessitano di un certo lavorìo per essere raccolti (le noci), per essere mangiati
(il melograno), per essere pronti all’uso (il finocchietto).
Persino nei loro colori – che
anche un daltonico come me riesce a percepire, talvolta – sono tenui, sfumati, e
insieme rustici. Guardateli, già da appena colti sembrano un quadro di natura “morta”:
Eppure, sono anche gustosi,
versatili, e abbondanti: l’albero delle noci quest’anno in particolare è
stracarico, il finocchietto (che praticamente è una pianta infestante)
arricchisce generosamente arrosti e tisane, e il melograno ha un succo
dolcissimo e sanissimo.
Ah, quasi dimenticavo, poi c’è
lei. Che non cresce nel nostro orto, ma
nel campo di mio padre.
L’uva è la regina dell’autunno.
Sta a settembre come il pomodoro a agosto.
E ci dà quel vino che è come il
dono più maturo dell’estate che finisce: nei giorni brevi e freddi dell’inverno,
ci ricorderà la gioia e l’allegria del sole d’agosto.